italiano

Chiesa domestica e Teologia (1997)[1]

Enrique Colom

 

1. Introduzione

È pacificamente ammesso che una crescita culturale necessita di un ambiente proficuo e di una tradizione — di un tramandamento di valori, di pensieri e di usi — nella quale si coniugano la continuità e il cambiamento. Ciò accade anche per la cultura teologica: nei suoi momenti culminanti non risplende soltanto una figura isolata, bensì un insieme di autori ed anche di indirizzi teologici, che servono come fermento per le grandi conquiste del pensiero teologico. Tuttavia, neanche questi fermenti sorgono per generazione spontanea: sono piuttosto l’effetto di un’atmosfera di progresso religioso-dottrinale all’interno della stessa Chiesa. Perciò una comunità in cui il sapere religioso comune sia stentato, difficilmente può produrre una rigogliosa teologia.

Stando così le cose, la mia comunicazione vuole sottolineare la convenienza che le famiglie cristiane assolvano i loro doveri religiosi, affinché i fermenti teologici presenti nella società attuale possano fruttare al massimo. A questo riguardo ci proponiamo di evidenziare alcuni punti fermi necessari per sviluppare la dimensione religiosa della famiglia, anche come sostegno per una crescita della cultura teologica. I temi esposti però non si limitano a quelli puramente dottrinali, ma abbracciano pure la preghiera e le virtù in quanto indispensabili per sorreggere una salda e profonda vita di fede.

 

2. La famiglia, Chiesa domestica

Il punto di sostegno del nostro studio si trova nella realtà che la famiglia cristiana costituisce un’autentica chiesa domestica. Nella sua Lettera alle Famiglie, il Santo Padre sottolinea l’importanza di «riscoprire le testimonianze dell’amore e della sollecitudine della Chiesa per la famiglia: amore e sollecitudine espressi fin dagli inizi del cristianesimo, quando la famiglia veniva significativamente considerata come “chiesa domestica”. Ai nostri tempi ritorniamo spesso all’espressione “chiesa domestica”, che il Concilio ha fatto sua (cfr. Lumen gentium, 11) e il cui contenuto desideriamo che rimanga sempre vivo e attuale»[2]. Il senso più profondo di questa espressione, e che riassume tutta la dimensione religiosa della famiglia, si trova nell’analogia tra la vita familiare e la vita intratrinitaria; così è indicato dal Catechismo della Chiesa Cattolica: «la famiglia cristiana è una comunione di persone, segno e immagine della comunione del Padre e del Figlio nello Spirito Santo. La sua attività procreatrice ed educativa è il riflesso dell’opera creatrice del Padre. La famiglia è chiamata a condividere la preghiera e il sacrificio di Cristo. La preghiera quotidiana e la lettura della Parola di Dio corroborano in essa la carità. La famiglia cristiana è evangelizzatrice e missionaria»[3].

Vengono qui raccolti gli elementi essenziali della vita familiare, che si potrebbero così raggruppare:

1) Comunione di persone: la famiglia è un’unione stabile di vita e di amore, fondata sulla mutua donazione; quanto più gratuita sia tale dedizione e quanto meno si chiudano «in se stessi» i suoi componenti, più perfetta sarà la famiglia, maggiore pienezza e felicità potrà essere ottenuta dai suoi membri, meglio raggiungerà i suoi obiettivi tra i quali anche quello indiretto di essere fermento della teologia.

2) Ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione dei figli: il fine della famiglia è il bene integrale di tutti i componenti del gruppo familiare, in primo luogo i genitori e i figli, ma senza dimenticare i nonni, gli altri parenti, eventuali collaboratori familiari, ecc. A questo riguardo conviene ricordare che i figli sono, certamente, il dono più eccellente del matrimonio e che contribuiscono molto al bene dei propri genitori: un’impostazione personalista della famiglia mostra l’impossibilità di scindere, in pratica, la funzione unitiva e quella procreativa; quando si tenta la loro separazione (unione chiusa alla procreazione o procreazione senza unione di amore) entrambi gli aspetti risultano danneggiati[4].

3) Fondata sull’orazione e sul sacrificio, come tradizionalmente insegna la Chiesa e come mostra l’esperienza quotidiana: si mantiene unita una famiglia che prega unita e i cui membri sono disposti a «perdersi» a favore degli altri.

4) Fortificata dalla carità e dalle altre virtù, che sono state riversate nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, e che fruttificano mediante l’educazione, gli atti volontari e lo sforzo perseverante.

5) Con una missione santificatrice ed evangelizzatrice: missione che deve compiere, in primo luogo, «ad intra», cioè nella stessa famiglia; ma che anche si deve manifestare «ad extra». Alle famiglie corrisponde in modo speciale quanto si riferisce all’impegno per diffondere e per compiere il disegno divino sulla famiglia, in armonia con tutta la vita e la dottrina cristiana.

Nella famiglia si esercita in modo privilegiato il sacerdozio comune dei diversi componenti, attraverso la preparazione e la ricezione dei sacramenti, il culto, l’orazione, l’evangelizzazione, la mutua abnegazione, la trasmissione e la pratica delle virtù e, in generale, con la testimonianza di una vita santa. Il focolare cristiano è, insomma, una manifestazione e un’attuazione specifica della comunione ecclesiale, e perciò possiede nella Chiesa un’importanza singolare, come indicato nel Nuovo Testamento (cfr. Ef 5,21-6,4; Col 3,18-21; 1 Pt 3,1-7). Infatti, «in ogni famiglia autenticamente cristiana, si riproduce in un certo modo il mistero della Chiesa, scelta da Dio e inviata come guida del mondo»; tale è stato l’esempio della primitiva comunità: «famiglie che vissero di Cristo e che fecero conoscere Cristo; piccole comunità cristiana che furono come centri di irradiazione del messaggio evangelico. Focolari come tanti altri di quei tempi, ma animati da uno spirito nuovo che contagiava chi li avvicinava e li frequentava. Così furono i primi cristiani, e così dobbiamo essere noi, cristiani di oggi»[5].

*  *  *  *  *

Siccome il lavoro teologico è chiaramente un compito ecclesiale, e la famiglia è veramente chiesa domestica, si deve concludere che esiste un certo nesso tra teologia e famiglia: quest’ultima aiuta la teologia, in modo indiretto ma molto efficace, quando compie il proprio ruolo all’interno della Chiesa. Spiegheremo adesso alcuno aspetti di questo compito.

 

3. La partecipazione della famiglia alla missione della Chiesa

Tutti i membri della Chiesa, quali che siano il loro stato e le circostanze, hanno il diritto e l’obbligo di partecipare alla sua missione. Questo diritto-dovere riguarda in modo particolare il matrimonio e la famiglia, per tre motivi profondi e complementari: la sua analogia con la Chiesa, il fatto di essere la cellula primaria della società ed il suo apparire come segno dell’unione tra Cristo e la Chiesa.

1) Fra le molte analogie che si possono ricordare tra la famiglia e la Chiesa, la principale deriva dalla loro origine: la vita trinitaria è la sorgente della famiglia, così come lo è della Chiesa: il Padre invia il Figlio per sposare indefettibilmente la Chiesa e dargli la forza dello Spirito Santo. In questo senso il matrimonio, e in qualche modo anche la famiglia cristiana, si converte in simbolo reale della nuova ed eterna Alleanza tra Dio e gli uomini.

2) La famiglia è la cellula originaria della vita sociale; è la comunità nella quale fin dall’infanzia si possono apprendere i valori morali, si può incominciare ad onorare Dio e a far buon uso della libertà, si trova l’iniziazione alla vita nella società. Siccome la famiglia ha ricevuto dal Creatore l’incarico di essere il nucleo primario e vitale della società, è logico che possieda un aiuto particolare della grazia per compiere la propria missione: la vocazione matrimoniale e familiare conferiscono una sorta di diritto a ricevere gli ausili necessari per portare a termine il compito ricevuto.

3) Inoltre, il sacramento del Matrimonio è segno dell’unione di Cristo e della Chiesa, dona agli sposi la grazia di amarsi con l’amore con cui Cristo ha amato la sua Chiesa, consolida l’unità indissolubile dei coniugi e li santifica nel cammino della vita eterna. La realtà sacramentale del Matrimonio ha un contenuto di missione, rende capaci i contraenti di realizzare il compito evangelizzatore e santificatore che corrisponde alla famiglia: i coniugi cristiani e, mutatis mutandis, gli altri membri della famiglia sono chiamati, rafforzati e destinati in modo tale che, compiendo i loro doveri con lo spirito di Cristo, si accostano di più alla propria perfezione e santificazione.

Per quanto indicato, si deve sottolineare che la famiglia cristiana, come chiesa domestica, non partecipa alla missione della Chiesa in un modo soltanto generico, ma ad essa corrisponde una partecipazione specifica, in stretta connessione con il luogo che occupa nella struttura ecclesiale: i coniugi cristiani, all’interno del Popolo di Dio, possiedono uno specifico dono nel loro stato e forma di vita, che esercitano nelle condizioni ordinarie della vita familiare, poiché le occupazioni di cui la loro vita è intessuta prolungano l’opera creatrice, servono al bene degli uomini, contribuiscono al compimento dei disegni divini nella storia e manifestano la presenza viva del Salvatore nel mondo e l’autentica natura della Chiesa.

La vocazione coniugale e familiare è, pertanto, una concreta determinazione della vocazione universale alla santità: per chi è stato chiamato da Dio a questo genere di vita, il matrimonio è un cammino divino di piena dedizione al Signore. Perciò non si può costruire la spiritualità matrimoniale dimenticando quali sono le principali realtà coniugali e familiari, giacché sono proprio queste, impregnate dalla fede, dalla speranza e dalla carità, a servire da materia santificatrice: l’amore umano, la procreazione e l’educazione dei figli, la fedeltà reciproca, il perdono, il rispetto, il servizio disinteressato e i doveri da essi richiesti, sono quelli che santificano i coniugi in quanto tali e collaborano al consolidamento del Regno di Dio nel mondo.

Tutto ciò evidenzia la preclara dignità della famiglia cristiana e, conseguentemente, la grande importanza e l’enorme valore di quanto si realizza affinché in essa, ed attraverso di essa, si compiano i piani divini. Tale missione compete in primo luogo ai genitori (tanto alla moglie come al marito), ma riguarda anche i figli, gli altri parenti, gli educatori, i sacerdoti, le autorità civili, ecc. Mancherebbero gravemente ai loro obblighi coloro che, con motivi più o meno fondati (dedizione al lavoro, preoccupazione per i beni materiali, importanza degli impegni sociali o, anche, partecipazione ad opere apostoliche), trascurassero i doveri familiari. Questi compiti si possono così riassumere: «i genitori sono i primi responsabili dell’educazione dei propri figli alla fede, alla preghiera e a tutte le virtù. Hanno il dovere di provvedere, nella misura del possibile, ai bisogni materiali e spirituali dei propri figli»[6]. Questo punto del Catechismo sottolinea, oltre alle necessità materiali, che esulano dal nostro tema, tre aspetti: la fede, la preghiera e le virtù. Sono questi gli argomenti che adesso vogliamo studiare; un loro sviluppo armonico getta le basi per la preparazione di un ambiente dottrinale propizio alla crescita teologica.

 

4. Focolari di fede viva

Ai nostri giorni, in un mondo spesso estraneo e persino ostile alla fede, le famiglie credenti sono di fondamentale importanza, come focolari di fede viva e irradiante. La fecondità dell’amore coniugale non si riduce alla sola procreazione, ma si deve estendere all’educazione integrale dei figli; in questo senso la funzione educativa dei genitori è così importante che, se viene a mancare, può a stento essere supplita. Ciò è ancora più importante per quanto riguarda la fede e la morale; la catechesi familiare precede, accompagna e arricchisce le altre forme di insegnamento della fede: è in seno alla famiglia che i genitori devono essere, con la parola e con l’esempio, i primi annunciatori della fede, poiché dalla grazia del sacramento, essi hanno ricevuto la responsabilità e il privilegio di evangelizzare i figli. Fin dalla più tenera età li inizieranno ai misteri della fede e li faranno partecipare, a seconda delle circostanze, alla vita della Chiesa; senza dimenticare che i modi di vivere in famiglia possono sviluppare disposizioni affettive che, per l’intera esistenza, costituiranno autentiche condizioni preliminari e sostegni di una fede viva.

Tale formazione deve essere indirizzata a che i fanciulli siano ogni volta più consapevoli del dono ricevuto, imparino ad applicarlo correttamente nelle diverse circostanze della vita familiare e sociale, si decidano con serietà ad adorare Dio in spirito e in verità, diano ragione della loro speranza, si impegnino a servire tutti gli uomini ed, infine, sappiano e vogliano contribuire alla configurazione cristiana del mondo.

Nell’annunzio di fede l’esempio non deve mai mancare, deve anzi sempre precedere ogni altra cosa: insieme all’insegnamento teoretico, i membri della famiglia si aiutano a crescere nella fede attraverso la testimonianza di una vita cristiana vissuta, perché la migliore lezione è quella che si comunica con il proprio atteggiamento e perché chi istruisce senza praticare i propri insegnamenti, più che edificare, distrugge.

Una parte importante dell’annunzio di fede che corrisponde ai genitori è preparare i figli affinché sappiano scoprire e seguire la vocazione con cui Dio li chiama dall’eternità. Affinché la vocazione divina possa radicarsi è necessario che trovi un terreno adeguato, che si prepara con la preghiera, con la pratica delle virtù e con la crescita della visione soprannaturale, in modo che quanto più i figli sviluppano la propria maturità ed autonomia umane, tanto più si fa chiara e forte la loro specifica vocazione che viene da Dio. Perciò si deve inculcare nella famiglia l’amore di Dio, che deve occupare il primo posto tra le preoccupazioni e gli affanni della vita, e che rende la misura esatta di tutte le realtà terrene. Opporsi alla vocazione dei figli, in modo palese o nascosto, è prova evidente di un cristianesimo stentato o inesistente. Anzi, i genitori accoglieranno e rispetteranno con gioia e rendimento di grazie la chiamata rivolta dal Signore ai loro figli.

Benché i genitori siano i primi responsabili dell’educazione dei figli, non sono gli unici. Ciò non significa che possano disinteressarsi di quegli aspetti che riguardano altre comunità educative, neppure in quei temi che sembrano neutri del punto di vista della fede. È questo un grave diritto-dovere che riguarda i genitori e tutta la società: come primi responsabili dell’educazione dei figli, i genitori hanno il diritto di scegliere per loro una scuola rispondente alle proprie convinzioni e, nei limiti del possibile, hanno il dovere di cercare la scuola che possa aiutarli nel migliore dei modi nel loro compito di educatori cristiani; di conseguenza, i pubblici poteri hanno il dovere di garantire tale diritto e di assicurare le condizioni concrete per poterlo esercitare. Non va dimenticato che la formazione ricevuta nella scuola influisce in modo decisivo sulle opzioni che costituiscono il fondamento della vita delle persone; donde la necessità, per i genitori, di partecipare attivamente alla vita della scuola perché essa corrobori e accresca la formazione ricevuta in famiglia.

Tuttavia tale impegno educativo non può limitarsi agli aspetti intellettuali: l’unità di vita cristiana esige, come già indicato, l’accompagnamento della preghiera e delle virtù, affinché la fede non rimanga a livello soltanto teoretico, ma possa permeare tutti gli atteggiamenti della persona.

 

5. Comunità di preghiera

La famiglia cristiana, come «chiesa domestica», è il primo luogo dell’educazione alla preghiera, dove i figli imparano a pregare «come Chiesa» e a perseverare nella preghiera. Sin da fanciulli, e secondo una pedagogia atta alla loro età, si devono insegnare modi concreti e pratici di dirigersi al Signore; così, a poco a poco, la pietà dei figli maturerà mediante pratiche che si assumeranno come vita vissuta. All’inizio sono di grande aiuto le preghiere vocali, che si vanno interiorizzando per dar luogo ad un rapporto personale con Dio; molto utile sarà anche la lettura meditata di alcuni passi della Sacra Scrittura e, forse, di un libro pio.

Non basta, però, insegnare a pregare; si deve anche  praticare la preghiera in famiglia (preghiere del mattino e della sera, benedizione della mensa, santo Rosario, ecc.), per formare ciò che il Concilio chiama «il santuario domestico della Chiesa»[7]. Certamente non si tratta di convertire il focolare in un convento, né di asfissiare i figli con pratiche pie — niente di più contrario all’autentica pedagogia —, ma di vivere l’insegnamento di Gesù: Egli si trova in mezzo a due o tre persone che si riuniscono nel suo nome. Di conseguenza, va evidenziato che, per la famiglia, la preghiera costituisce un elemento essenziale: preghiera della famiglia, preghiera per la famiglia e preghiera con la famiglia[8].

Come ricorda il Santo Padre «tale preghiera ha come contenuto originale la stessa vita di famiglia, che in tutte le sue diverse circostanze viene interpretata come vocazione di Dio e attuata come risposta filiale al suo appello: gioie e dolori, speranze e tristezze, nascite e compleanni, anniversari delle nozze dei genitori, partenze, lontananze e ritorni, scelte importanti e decisive, la morte di persone care, ecc. segnano l’intervento dell’amore di Dio nella storia della famiglia, così come devono segnare il momento favorevole per il rendimento di grazie, per l’implorazione, per l’abbandono fiducioso della famiglia al comune Padre che sta nei cieli. La dignità, poi, e la responsabilità della famiglia cristiana come Chiesa domestica possono essere vissute solo con l’aiuto incessante di Dio, che immancabilmente sarà concesso, se sarà implorato con umiltà e fiducia nella preghiera»[9].

Momento importante dell’orazione familiare è la liturgia e la vita sacramentale. Il giorno del Signore è un tempo di crescita nella vita spirituale e cristiana, specialmente per la partecipazione all’Eucaristia; ed è anche un giorno per dedicare più attenzione e cura alla propria famiglia; per entrambe le ragioni è un tempo di rendimento di grazie e di svago, molto adeguato a praticare e accrescere i valori propri della «chiesa domestica». Inoltre, i genitori cristiani riconosceranno che l’amministrazione del Battesimo dei figli fa parte del loro compito di alimentare le vite che Dio ha loro affidato; perciò è un loro grave dovere che tale sacramento venga conferito poco dopo la nascita. I genitori devono anche occuparsi di completare la formazione cristiana dei figli, perché possano ricevere fruttuosamente la Cresima e l’Eucaristia. Essendo l’Eucaristia fonte e apice di tutta la vita cristiana, compendio e somma della nostra fede, si capisce il luogo privilegiato che le si deve dare nel focolare cristiano: di qui l’importanza di insegnare ai figli l’immenso valore di partecipare al Santo Sacrificio (specialmente le domeniche e i giorni di precetto), di prepararli perché ricevano la Prima Comunione e si abituino a comunicarsi frequentemente, di iniziarli nel culto a Gesù Sacramentato.

Anche gli altri sacramenti hanno un significato concreto per la vita di famiglia, in modo molto speciale la preparazione al sacramento del Matrimonio: perché il «sì» degli sposi sia un atto libero e responsabile e l’alleanza matrimoniale abbia delle basi umane e cristiane solide e durature, la preparazione al matrimonio è di fondamentale importanza. L’esempio e l’insegnamento dati dai genitori e dalle famiglie restano il cammino privilegiato di questa preparazione; perciò i giovani devono essere adeguatamente e tempestivamente istruiti, soprattutto in seno alla propria famiglia, sulla dignità dell’amore coniugale, sulla sua funzione e le sue espressioni; così che, formati nella stima della castità, possano ad età conveniente passare da un onesto fidanzamento alle nozze.

Il nesso tra liturgia e teologia sottolinea anche il ruolo della famiglia per quanto riguarda lo sviluppo teologico fondato sulla preghiera-liturgia vissute in profondità.

 

6. Scuola di virtù

La famiglia è anche la principale scuola delle virtù umane e cristiane: «i genitori sono i primi responsabili dell’educazione dei loro figli. Testimoniano tale responsabilità innanzitutto con la creazione di una famiglia, in cui la tenerezza, il perdono, il rispetto, la fedeltà e il servizio disinteressato rappresentano la norma. Il focolare domestico è un luogo particolarmente adatto per educare alle virtù. Questa educazione richiede che si impari l’abnegazione, un retto modo di giudicare, la padronanza di sé, condizioni di ogni vera libertà. I genitori insegneranno ai figli a subordinare “le dimensioni materiali e istintive a quelle interiori e spirituali”. I genitori hanno anche la grave responsabilità di dare ai loro figli buoni esempi. Riconoscendo con franchezza davanti ai figli le proprie mancanze, saranno meglio in grado di guidarli e di correggerli: “Chi ama il proprio figlio usa spesso la frusta… Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio” (Sir 30,1-2). “E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell’educazione e nella disciplina del Signore” (Ef 6,4)»[10].

L’educazione e la disciplina del Signore non significano però autoritarismo, ma rispetto della libertà dei figli a seconda dell’età e circostanze di ognuno. Un’imposizione autoritaria e irragionevole porterebbe come logica conseguenza al disprezzo degli insegnamenti ricevuti e, senz’altro, non servirebbe per formare interiormente la persona, anche se esteriormente essa compisse quanto indicato: le virtù umane e cristiane si radicano stabilmente soltanto in un ambito di libertà. Perciò i genitori, con sollecita dedizione, considereranno i loro figli come figli di Dio e li rispetteranno come persone umane; il medesimo rispetto e la medesima dedizione portano i genitori ad educare i figli al retto uso della ragione e della libertà. Ciò significa educare la libertà affinché essa cresca e si sviluppi convenientemente, attraverso l’orientamento della coscienza e l’accrescimento della responsabilità.

Non si deve dimenticare che l’autentico sviluppo umano si trova nelle virtù che consentono alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé e tendere con tutte le proprie energie verso il bene: il fine di una vita virtuosa consiste nel divenire simili a Dio. In questo senso l’educazione familiare deve abbracciare tutte le virtù: temperanza, generosità, sincerità, concordia, purezza, ecc.; forse, a seconda delle circostanze e temperamenti, conviene insistere di più su alcune virtù affinché tutte possano crescere armonicamente. Questo aiuto dei genitori si deve realizzare anche nelle cose che sembrano di poca importanza (invidie, piccoli furti domestici, parole oziose o sconvenienti, menzogne, ecc.), poiché una piccola deviazione iniziale non corretta può indurire la persona e degenerare in colpe più consistenti. Tuttavia non si deve dimenticare che, più che la correzione, è necessario l’insegnamento positivo e che, concretamente, l’esercizio di ogni virtù è animato e ispirato dalla carità, come sorgente e termine della pratica virtuosa cristiana; perciò l’amore deve costituire un particolare impegno nella famiglia, attraverso la generosità instancabile, il perdono reciproco, ecc.

Prima di finire, dobbiamo fare un breve riferimento all’importanza dell’educazione familiare nelle virtù che aiutano ad un proficuo svolgimento della vita sociale: la famiglia è la cattedra del più ricco umanesimo e la prima scuola delle virtù sociali, che sono l’anima per lo sviluppo della società. Il focolare domestico costituisce l’ambito naturale per l’iniziazione dell’essere umano alla solidarietà e alla responsabilità comunitarie: in una famiglia generosa crescono connaturalmente la solidarietà, il servizio mutuo e disinteressato, la lealtà, l’onestà. I genitori devono pure insegnare ai figli a guardarsi dai compromessi e dagli sbandamenti che minacciano le società umane. Come mette in evidenza Giovanni Paolo II, «una Nazione veramente sovrana e spiritualmente forte è sempre composta di famiglie forti, consapevoli della loro vocazione e della loro missione nella storia. La famiglia sta al centro di tutti questi problemi e compiti: relegarla ad un ruolo subalterno e secondario, escludendola dalla posizione che le spetta nella società, significa recare un grave danno all’autentica crescita dell’intero corpo sociale»[11].

 

7. Conclusione

Si è messo frequentemente di rilievo in questo Simposio l’intimo collegamento che esiste tra teologia e nuova evangelizzazione; da qui scaturisce anche l’influsso vicendevole tra teologia e vita familiare. Infatti, «come ha ripetuto il Sinodo, riprendendo il mio appello lanciato a Puebla, la futura evangelizzazione dipende in gran parte dalla chiesa domestica»[12]. Certamente ciò non significa che esista una diretta relazione causa-effetto fra la vita religiosa delle famiglie e lo sviluppo teologico; tuttavia, un difetto nella dimensione religiosa del focolare domestico comporta, con grande probabilità, un assottigliamento della cultura cristiana e, di conseguenza, una minore incisività del pensiero teologico. E viceversa, una crescita dell’impegno cristiano delle famiglie aiuterà al progresso della teologia: anche riguardo alla scienza teologica si può dire che l’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia!.

 

 

Bibliografia

Aa.Vv., Commenti sulla «Familiaris consortio», Lib. Ed. Vaticana, Città del Vaticano 1982.

Aa.Vv., Commenti sugli «Orientamenti educativi sull’amore umano», Logos, Roma 1984.

Aa.Vv., Commenti sulla «Carta dei diritti della famiglia», Logos, Roma 1984.

Aa.Vv., Lettera del Papa Giovanni Paoli II alle famiglie. Testo e riflessioni, Lib. Ed. Vaticana, Città del Vaticano 1994.

Angelini, G., La Chiesa e la famiglia, in «Scuola Cattolica» 120 (1992) 422-471.

Burke, C., I fini del matrimonio: visione istituzionale o personalistica?, in «Annales theologici» 6 (1992) 227-254.

Buttiglione, R., L’uomo e la famiglia, Dino, Roma 1991.

Campanini, G., Amore, famiglia, matrimonio, Mariettiscuola, Casale Monferrato 1992.

C.E.I., Direttorio di Pastorale Familiare, Roma 1993.

Concetti, G., Sessualità, amore, procreazione, Ares, Milano 1990.

Donati, P., La famiglia nella società relazionale, Angeli, Milano 1986.

García de Haro, R., Matrimonio & famiglia nei documenti del Magistero, Ares, Milano 1989.

Ligier, L., Il matrimonio: questioni teologiche e pastorali, Città Nuova, Roma 1988.

Luciani, A., La famiglia nell’ordinamento della società, in «Catechismo sociale cristiano», Mondadori, Milano 1992, pp. 125-150.

Miralles, A., Il sacramento del matrimonio, in «Catechismo della Chiesa Cattolica. Testo integrale e commento teologico», Piemme, Casale Monferrato 1993, pp. 921-934.

Miralles, A., Il matrimonio. Teologia e vita, San Paolo, Cinisello Balsamo 1996.

Tettamanzi, D., La famiglia via della Chiesa, Massimo, Milano 19912.

Toso, M., Famiglia Lavoro e Società nell’insegnamento sociale della Chiesa, LAS, Roma 1994.



[1] Comunicazione al III Simposio Internazionale della Facoltà di Teologia del Pontificio Ateneo della Santa Croce (Roma, 12-14 marzo 1997), pubblicata in H. Fitte (cur.), Fermenti nella teologia alle soglie del terzo millennio, Lib. Ed. Vaticana, Città del Vaticano 1998, pp. 254-265.

[2] Giovanni Paolo II, Lett. Gratissimam sane, 2-II-1994, n. 3.

[3] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2205.

[4] Senza dimenticare che la procreazione non è soltanto la trasmissione della vita, bensì la formazione e la preparazione integrale della persona umana.

[5] Beato Josemaría Escrivá, È Gesù che passa, Ares, Milano 19885, n. 30.

[6] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2252.

[7] Conc. Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem, n. 11.

[8] Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. Gratissimam sane, 2-II-1994, n. 7.

[9] Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, 22-XI-1981, n. 59.

[10] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2223.

[11] Giovanni Paolo II, Lett. Gratissimam sane, 2-II-1994, n. 17.

[12] Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, 22-XI-1981, n. 52.